Dal serpente di Eva ai cani molecolari
Dal serpente di Eva ai cani molecolari
Il titolo dell’evento è semplicemente stupendo “Dal serpente di Eva ai cani molecolari”. La nostra cultura si sostanzia di storie di animali, che costituiscono la parte silenziosa della nostra stessa identità, a partire dalle insidie del serpente nel Paradiso Terrestre.
Chi non si è commosso alla storia del fedele cane Argo di Omero, Argo il cane da caccia di Ulisse che lo allevò prima di partire per guerra di Troia durata 10 anni. Dopo circa 20 anni trascorsi lontani Ulisse trasformato da Atena in un mendicante anziano ritrovò Argo, malato, che giaceva nel letame Argo riconobbe immediatamente Ulisse, alzò la testa, scodinzolò e morì.
A Ulisse scese una lacrima.
Chi non ricorda il passero di Catullo, il passerotto di Lesbia, l’amante di Catullo, che scriveva “Passero, delizia della mia ragazza”.
Le tre fiere dantesche, Dante si smarrisce nella selva oscura. Incontra le tre fiere: la lonza, un felino simile al leopardo o alla pantera, agile ed elegante (la lussuria), il leone (la superbia) e la lupa (la cupidigia). Viene soccorso da Virgilio, che lo guiderà in un viaggio attraverso Inferno e Purgatorio, mentre Beatrice lo guiderà in Paradiso.
La balena di Melville: questo mythos si collega direttamente col problema dell’avvistamento e della visione di Moby Dick, la cui caccia dura ben tre anni: in mare aperto, l’oggetto della ricerca è per lo più nascosto ed invisibile, accrescendo così la inquietante suggestione. Moby Dick diventa allora simbolo di tutto ciò che è ignoto ed inafferrabile per l’uomo. Se a prima vista il romanzo pare dominato dal tema dell’avventura e dell’esplorazione, nel corso della lettura si stratificanola dimensione mitica e quasi mistico-religiosa dell’inseguimento di Moby Dick.
I gatti misteriosi di Baudelaire che paragona l’amore verso una donna a quello di un gatto, gli occhi dei felini e quelli delle donne sono simili; freddi, profondi e ammaliatori.
Chi non ha cercato di dare un volto umano ai porci di Orwell? Orwell fa satira della Rivoluzione russa e della dittatura di Stalin. Il fattore Jones possiede una fattoria, ma non è in grado di governarla: è alcolizzato, incompetente e crudele contro gli animali, che sfrutta senza pietà.
Una sera tutti gli animali si riuniscono intorno a Vecchio Maggiore, un anziano e saggio maiale, che narra loro di un sogno che ha fatto, un mondo dove gli animali sono liberi dall’uomo e si autogestiscono, vivendo in armonia. Vecchio Maggiore muore da lì a poco.
Un giorno Jones dimenticata di dare da mangiare agli animali e questi, esasperati, lo cacciano via. Il ruolo di guida viene assunto da due maiali: Napoleon e Palla di Neve. La loro rivalità diventerà sempre più aspra. Napoleon diventerà dittatore. Un giorno i maiali imparano a camminare su due zampe. Il libro si conclude con una scena emblematica: i maiali stringono un’alleanza con gli umani e festeggiano giocando a carte e ubriacandosi. Gli animali, attoniti, non riescono più a distinguere gli uni dagli altri.
Ricordare la presenza degli animali non umani nella nostra storia, nel nostro vissuto e nel nostro immaginario letterario e artistico, non certo per soddisfare una curiosità o per ricostruire i quarti di nobiltà della disciplina, ma per dare consapevolezza alla professione, per educare al senso critico, per far guidare l’atto professionale da quell’agire filosofico profondo per il quale Galeno definiva il medico-filosofo isotheos, simile a un Dio.