
Un luogo comune, che spesso centra il problema, recita che l’Italia è stretta e lunga. La traduzione è facile, dalle Alpi all’Etna ne corre di strada, di cultura, di abitudini e di visione. Per quanto pittoresco, questo detto non si adatta ad alcune componenti dello Stato. Infatti, a parte alcune diversità, maggiormente centrate sulle Autorità Competenti regionali, il nostro sistema sanitario e più in particolare i servizi veterinari, hanno imparato a ragionare con una visione, complessivamente, unica. In una sanità basata sull’evidenza, il raggiungimento dell’obiettivo è l’orizzonte a breve, medio e lungo termine. La partita è una e si scende in campo con l’unica squadra disponibile. Una squadra che storicamente sconta una panchina corta, anzi cortissima.
Uscendo dal pantano delle metafore sportive, proviamo a spostare i termini di confronto sulla matematica. Dato un obiettivo di 100 controlli ufficiali, qualsiasi siano le risorse disponibili, il risultato dell’equazione deve fare 100. Questa equazione assiomatica sfida ogni principio matematico di base, ma nonostante questo è sopravvissuta per decenni, fino al giorno in cui la definizione di “lavorare in emergenza” non ha assunto un significato totalmente diverso. Infatti, l’accezione comune dell’emergenza intesta come “tappare le falle” di un sistema basato sul budget e non sulla programmazione e sulla crescita è stata stravolta da una pandemia che ha ricollocato il termine assegnandogli tutta l’urgenza e la prepotenza che merita. Ciò che era cronico si è riacutizzato. Quello che era un lento declino verso il collasso delle resistenze è diventato una forma acuta che ha scosso il sistema nervoso del sistema sanitario, determinando una volta e per tutte che la prevenzione non si fa con i fogli di calcolo ma attraverso un sistema attivo di ricerca dei pericoli. Il rischio non si valuta, perché non è dell’uomo, o almeno di questa fase della società umana, la capacità di prevedere eventi catastrofici. Al rischio ci si prepara e per prepararsi non si ragiona guardando il quotidiano, facendo spallucce alla panchina corta o aspettando tempi migliori. Parafrasando Don King: “Only in Italy”. Ci sono cascato di nuovo
Scrive la Direzione Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari “alla luce dell’attuale emergenza legata all’epidemia di pese suina africana, ma anche considerata la recente epidemia di influenza aviaria, si ritiene fondamentale ricostituire l’organico dei dirigenti veterinari del Servizio Sanitario Nazionale anche al fine di garantire il necessario turno over in considerazione dell’elevato numero dei pensionamenti degli ultimi anni”.
Quale traduzione vogliamo scegliere e soprattutto quali azioni vogliamo attivare? Un piano dei fabbisogni del personale ha un senso quando è costruito secondo una logica sanitaria e per quanto possa essere fallace la capacità di previsione umana, prescinde, certamente, da quanto l’organo competente sia disposto a mettere mano al portafogli. È finito il tempo dei piani di rientro e di consolidamento e sviluppo. Sulle macerie non c’è nulla da consolidare, c’è solo da abbattere e ricostruire. Le ruspe sono già arrivate.