Cassazione: Cane abbaia di notte? Sanzione penale al proprietario

17/01/2011
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Pagheranno un'ammenda di 200 euro ciascuno marito e moglie che non hanno impedito al loro cane pastore di abbaiare per tutta la notte togliendo il sonno ai residenti del circondario.
Per la prima sezione della Cassazione penale è colpa del padrone se il proprio cane abbaia di notte molestando i vicini. Paga il padrone per il cane e scatta la contravvenzione ex articolo 659 del codice penale per il proprietario dell'animale che non mette fine ai rumori notturni molesti dell'animale di fronte alle ripetute proteste dei vicini di casa.
Questo quanto ricordato dalla Cassazione con la sentenza n. 715/11 della prima sezione (depositata in Cancelleria lo scorso 14 gennaio).

Era finita in Cassazione una lite tra una coppia di coniugi, proprietari di due cani pastore, e i loro vicini di casa il cui riposo notturno era impedito dal continuo abbaiare.
Determinante nell' "inchiodare" animali e padroni era stata la testimonianza dell'uomo addetto alla consegna mattutina del pane, il quale aveva confermato, in linea con i querelanti, che la coppia di cani abbaiava continuamente. Inutilmente la difesa dei coniugi aveva fatto notare alla Corte che il panettiere portava il pane appena sfornato alle 4 del mattino provocando una quasi inevitabile reazione in due animali da guardia, di cui era stata dimostrata la natura docile.
L'illecito consistente nel disturbo alla quiete pubblica, ha spiegato la Cassazione, è caratterizzato da un elemento psicologico che consiste nella natura volontaria della condotta posta in essere, cosa che può essere desunta dalle circostanze oggettive del fatto: non risulta dunque necessaria l'intenzione di arrecare fastidio al riposo o alle altre attività delle persone. L'elemento costitutivo della fattispecie, poi, è costituito dalla astratta idoneità della condotta a turbare la quiete dell'ambiente circostante, e dunque a un numero non precisato di persone, senza che sia parimenti richiesto un effettivo e comprovato disturbo.
Gli ermellini hanno motivato sulla falsariga di alcuni precedenti giurisprudenziali: “quanto ai requisiti del reato, per la sussistenza dell’elemento psicologico della contravvenzione di cui all’art. 659 del Codice Penale, attesa la natura del reato, è sufficiente la volontarietà della condotta desunta dalle obiettive circostanze di fatto, non occorrendo, altresì, l’intenzione dell’agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica (Cass., Sez. I, 26 ottobre 1995, n. 11868) mentre elemento essenziale della fattispecie di reato in esame è l’idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l’effettivo disturbo alle stesse (Cass., Sez. I, 13 dicembre 2007, n. 246).

Fonte: 
Ufficio stampa Fnovi
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